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I ricordi battono dentro di me come un secondo cuore.

date » 19-07-2015 22:16

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Da L’unione Sarda del 19/07/2015 di: Manuela Arca
Foto Collezione Laura Cecchini – Aldo Guiso
Storia di Maria Antonia Guiso, la maestra più giovane d’Italia.

La storia della «severa maestra di Pàvana» rivive grazie a Francesco Guccini. Il cantautore, ospite del festival letterario di Gavoi, ne ha tratteggiato con nostalgia la figura, intrecciandone le vicende con quelle dei montanari dell'Appennino e dei nonni mugnai.


Zia Maria Antonia

Maria Antonia Guiso, nata a Nuoro nel 1908 e morta a Bologna nel 1988, merita di essere ricordata non soltanto perché il caso ha voluto che il suo mondo s'incrociasse con quello di uno dei professori della canzone italiana, bambino al tempo dell'incontro. Il suo ritratto in bianco e nero è il riflesso della storia della Sardegna dei primi quarant'anni del '900. È la sintesi – scritta all'ombra dei castagni, inspirando l'acre odore di carbone e pecorino - di vicende di sfruttamento e povertà, emigrazione e fatica, guerra e pace, emancipazione (il vezzo della pelliccia è una concessione alla civetteria degli anni Trenta) e rinascita.


Zia Maria Antonia

Laura Cecchini, 80 anni, figlia della maestra dei ricordi di Guccini, tesse le trame del racconto con la stessa perizia con cui sua madre ricamava scene di caccia sugli arazzi
della tradizione. Abita a Bologna, ma Nuoro e l'antico rione di Santu Predu, in cui vissero i nonni Guiso-Piredda e in cui nacque sua madre, le appartengono. Nonostante l'inflessione "continentale" e l'irresistibile tentazione a spostare l'accento su Nùoro in avanti, parla ancora la lingua
dei progenitori sardi. A Pàvana non c'erano le Superiori. Troppo difficile raggiungere gli istituti delle cittadine vicine. Laura Cecchini è così diventata maestra in Barbagia.


Laura

«Proprio come la mamma. Quando lei si diplomò - racconta da Nuoro dove trascorre le vacanze - aveva 16 anni. Allora i giornali la proclamarono "maestra più giovane d'Italia", Si dice che il direttore della scuola, entrato per la prima volta nella sua classe, abbia stentato a individuarla tra gli allievi» Maria Antonia Guiso era una di quelle bambine che amava lo studio, anche senza averne avuto troppo familiarità. Era figlia di Maria Francesca Piredda, casalinga e analfabeta (com'era normale, allora), e di
Giovanni tornato a Nuoro dopo un periodo di emigrazione in Argentina. «Nonno faceva l'agricoltore. Aveva un orto e un frutteto sui terrazzamenti di Maria Frunza.


"Maria Frunza" Nonno Maliche con la famiglia, parenti ed amici


Maria Frunza - Zio Giovanni Zia Virginia Zia Vincenza Zia Antonietta e tanti parenti e amici.


L'alluvione del 1953 spazzò via tutto e lui smise di coltivare la terra». In quel tempo di devastazione Maria Antonia si trovava già a Pàvana, sugli Appennini. Aveva lasciato l'Isola perché qui il suo destino si era incrociato con altri itinerari di lavoro e fatica. Dopo i primi
incarichi ad Agrustos e Modolo, fu trasferita ad Alà dei sardi, forse. La memoria familiare potrebbe fallire. Si trovò comunque a insegnare in uno di quei paesi, tra Logudoro e Gallura, in cui dai tempi di Cavour la deforestazione era stata sistematica. Operai specializzati provenienti dalla Toscana lavoravano stagionalmente alla produzione di carbone di legna. Tra loro c'era Aldo Cecchini da Pàvana. Aveva accompagnato suo padre Federico nell'Isola. Conobbe Maria Antonia perché, insieme a lei - autorità del paese al pari di medico e maresciallo - fu scelto come padrino per un battesimo. I due giovani si sposarono.


Zia Mariantonia con Zio Aldo e figlie nella casa di Padru

Presero casa a Padru, allora frazione di Buddusò. Qui nacquero 4 dei 5 figli. Ci vollero la guerra e le atrocità della Resistenza per cambiare le sorti della famiglia. Nonno Cecchini, nonostante fosse riuscito a scappare dai tedeschi che lo avevano fatto prigioniero sugli Appennini, morì vinto dal trauma dell'esperienza. Era il 1944. «La mia nonna - racconta ancora Laura - volle allora che mio padre tornasse a casa. Lasciammo la Sardegna nel 1946. La guerra era appena finita e i collegamenti con la Penisola erano impossibili. Salpammo da Olbia su un peschereccio. A bordo eravamo in 10. Oltre noi, c'erano il comandante, sua moglie e altre due persone di cui non ho memoria. Arrivati a Livorno raggiungemmo Pisa in treno e quindi Pistoia, da qui il villaggio sugli Appennini».
A Pàvana la storia della famiglia ricominciò nella casa dei Guccini, nonni di Francesco e proprietari del mulino con la gora sul fiume. La stessa abitazione in cui il cantautore (il bambino con la erre moscia) che sopravvive nella memoria di Laura Cecchini), ha scelto di tornare a vivere. La maestra, nota a tutti col cognome del marito, divenne un'istituzione. Severa e autorevole a dispetto di un fisico minuto, vestiva di una raffinata eleganza. I suoi alunni, cresciuti tra montagne e castagneti, erano depositari orgogliosi dei suoi insegnamenti. «Quando andavano alle medie - dice la figlia - erano più preparati dei ragazzi di città».
Maria Antonia Guiso, maestra più giovane d'Italia, riposa nel cimitero di Pàvana. Con lei c'è la zia Peppa che, lasciata Nuoro nel '47, la raggiunse in Toscana.


Da L’unione Sarda del 19/07/2015 di: Manuela Arca
Foto Collezione Cecchini – Guiso
E Zia Peppa urlava “ Tanca sa Janna “


Zia Peppa

Nella memoria di Guccini la figura della maestra Guiso torna insieme con quella della zia Peppa. Il cantautore la ricorda seduta davanti alla casa di Pàvana, vestita con gli abiti della tradizione sarda, la gonna a pieghe, la camicia bianca e il fazzoletto nero che, ripiegato sul capo, ne inquadrava il volto. Ha impressa nella mente la formula imperiosa (<<Tanca sa janna») con cui la donna accompagnava l'andirivieni dei nipoti dal piazzale. Arrivata da Nuoro nel 1947, non parlava italiano. Non sapeva leggere. Era saggia, come le donne della sua città. Sorella di Maria Francesca Piredda, madre di Maria Antonia, aveva scelto di raggiungere la nipote sugli Appennini per ristabilire un'irrinunciabile convivenza. «Zia Peppa aveva seguito la mamma sin dal primoincarico da insegnante. Aveva 16 anni e i miei nonni non avrebbero mai permesso vivesse da sola», ricorda Laura Cecchini.


Zia Mancica e Zia Peppa

Fu così che, per assecondare un dovere all'assistenza divenuto inderogabile, zia Peppa affrontò il viaggio verso la Toscana. «Arrivò a Pàvana con una valigia pesantissima, piena di sale. Da noi era molto caro perché monopolio di Stato».
Le leggi della sussistenza, la condanna degli sprechi, l'ossequio delle abitudini, erano parte del credo granitico che Peppa Piredda recitava anche su monti che non erano suoi. Parlava ostinatamente il sardo, per pranzo mangiava solo pane tostau , pecorino (prodotto dai pastori sardi di Toscana) e un pomodoro a pezzetti condito con olio. Non rinunciava al bicchiere di vino rosso. E morta a 91 anni.


Zia Maria Antonia con Gianfe, Vanda, Franca, Laura, Zia Peppa e la piccola Graziella
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